"Stretti al vento – Storie di navigazioni in solitario” non è un documentario sulla vela, né tanto meno sulle tecniche di navigazione, ma una raccolta di testimonianze dirette sulla solitudine da parte di coloro che hanno voluto sfidare l’Oceano e soprattutto se stessi. Il film si pone come obiettivo principale quello di mostrare ai suoi fruitori, persone comuni e non esclusivamente addetti ai lavori, la vita marinaresca in solitario ripresa in tutte le sue sfaccettature, dalle regate agonistiche al cosiddetto vagabonding, cercando di esaltare al massimo le scelte e la forza dei soggetti intervistati. Giorni e notti intere trascorse al timone, razionando cibo, acqua, energie e sonno, per portare a termine un’attraversata, magari intorno al mondo fino a toccare il tanto desiderato grande Sud, ossia Capo Horn.
Piccole-grandi odissee umane raccontate dai più importanti velisti in solitario italiani, protagonisti della scena marittima nazionale ed internazionale, con età, sesso, idee e fini di navigazione differenti. Personalità eclettiche, fuori da qualsiasi schema, che attraverso i propri racconti rievocano sensazioni, gioie, dolori, avventure e disavventure in alto mare a bordo delle loro imbarcazioni, in una lotta continua con se stessi e contro ciò che li circonda, l’Oceano infinito, potendo contare solo sulle proprie forze e sulla clemenza della natura. 1. LA GENESI DEL PROGETTO
L’idea del progetto nasce dalla grande passione per il mare e per la vela di Daniele Guarnera, che lo vede impegnato con Ettore Dottori il suo primo istruttore di barca a vela Dopo una serie di riunioni e impegni comuni maturati sul campo, che hanno generato nuove collaborazioni su diversi set, i due hanno deciso finalmente di dirigere insieme “Stretti al vento”, un documentario sull’affascinante “mondo” dei velisti solitari italiani. Un “mondo”, quello della vela in solitario e più in generale della vela, che Daniele Guarnera, a sua volta appassionato e praticante, conosce e frequenta da anni, al contrario Francesco Del Grosso né sapeva poco o niente dell’argomento, tanto dal punto di vista sportivo, fatta eccezione per alcuni appuntamenti televisivi come la Coppa America, quanto da quello più strettamente tecnico. Guarnera, fonico di presa diretta e tecnico del suono per il cinema, la televisione e per numerosi eventi dal vivo, qui alla prima prova da regista, e Del Grosso, documentarista e montatore, hanno messo insieme le rispettive competenze ed esperienze al servizio di un’idea che potesse soddisfare le aspettative e le esigenze di entrambi. Non restava allora che tramutare in qualcosa di concreto un progetto che sulla carta non era affatto facile, ossia riunire per la prima volta in assoluto tutti i principali esponenti del movimento nostrano per dare vita a un documento importante e prezioso. Le varie interviste hanno portato la mini troupe guidata da Guarnera e Del Grosso in giro per lo stivale, in un viaggio che ha toccato alcuni dei porti e circoli nautici più belli e importanti d’Italia come quelli di Rimini, Rapallo, Viareggio, Fiumicino e Riva di Traiano. A questi si vanno ad aggiungere veri e propri tour su imbarcazioni, in mare aperto e all’interno di cantieri navali dove la troupe ha potuto filmare alcuni operai a lavoro su barche in costruzione. Tra un porto e l’altro la troupe si è poi spostata in quel di Milano per intervistare la compagna del grande Simone Bianchetti, Inbar Meytsar, pezzo grosso della vela tricolore recentemente scomparso, al quale il documentario vuole rendere un sincero e meritato ricordo. 2. LA REGIA Alla base della regia scelta da Guarnera e Del Grosso per la realizzazione di “Stretti al vento” ci sono le numerose soluzioni visive e lo stile eclettico e variegato volto ad esaltare al massimo le stupende e bellissime locations dove sono state effettuate le riprese del documentario, riprese in multicamera digitale che consegnano all’occhio dello spettatore diversi punti di vista. Una regia funzionale agli argomenti che i due registi hanno deciso di affrontare e analizzare, ossia la solitudine e la libertà, con l’obiettivo di una delle due camere sempre fisso sul soggetto intervistato per restituire sullo schermo la loro condizione di “isolamento volontario”. Alla seconda camera spetta invece il compito di esplorare senza limiti l’ambiente che circonda gli intervistati, ma anche catturare i gesti, gli sguardi e soprattutto il non visto, con lo scopo di trasmettere al pubblico la sensazione di estrema libertà che domina il film. Due stili completamente diversi che riescono tuttavia a coesistere senza entrare in conflitto, due modi di filmare la realtà scelti per dare vita a un film dedicato al bisogno epidermico dell’uomo di libertà e solitudine. Le interviste ai dieci velisti in solitario più importanti d’Italia, alla quale si vanno ad aggiungere quelle a Inbar Meytsar, compagna di Simone Bianchetti sono il leit motiv del documentario, veri e propri faccia a faccia con uomini comuni che un giorno hanno deciso, chi per un motivo chi per un altro (i record, la fama, il sogno, il denaro, la competizione a distanza, la sfida contro se stessi o la natura, il bisogno di solitudine o libertà, l’amore profondo per il mare o per uno sport come la vela) di prendere il mare con una barca per un viaggio lungo mesi e addirittura anni. |